Ora che l’hype sui Chatbot si sta calmando e le aziende hanno iniziato a rilasciare le prime (poche) applicazioni reali, è possibile raccogliere i primi feedback da parte degli utenti.
Drift, SurveyMonkey, Audience, Salesforce e mycleaver hanno realizzato il Chatbot Report 2018, da cui sono tratti i grafici commentati in questo articolo. Si tratta di un’indagine condotta negli Stati Uniti tra oltre 1.000 utenti di età compresa tra i 18 e i 64 anni che fornisce una serie di spunti interessanti.
Tra i canali utilizzati dai clienti per comunicare con le aziende “compare” per la prima volta il Chatbot, con una percentuale ancora bassa rispetto ai canali sia tradizionali che digitali ma destinata a crescere.
Per che cosa utilizzeresti un Chatbot?
A questa domanda il 37% dei consumatori risponde “per ricevere risposte tempestive in un’emergenza”; il 35% “per la risoluzione di un reclamo o problema” o “per ricevere spiegazioni dettagliate”. Prevale quindi un’idea d’uso legata alla restituzione di informazioni in ottica di customer care. Azioni più operative, come ad esempio “prenotare un ristorante” (33%) o “comprare un bene” (27%) sono immaginate, si, ma con percentuali più basse. Un 34% si aspetta infine di utilizzare un Chatbot “per arrivare ad un operatore umano”.
Benefit potenziali dei Chatbot: Millennials vs Baby Boomers
Interessante è il confronto tra Millennials (18-34) e Baby Boomers (55+) riguardo ai benefici potenziali dell’utilizzo dei Chatbot. Contrariamente a quelle che potevano essere le previsioni, in 5 casi su 9 analizzati, i Baby Boomers si sono dimostrati più possibilisti nel trarre beneficio dall’utilizzo dei Chatbot, evidenziando come la propensione ad utilizzare un servizio di assistenza artificiale sia trasversale.
Potenziali barriere all’adozione: La UX conta
Tuttavia, esiste qualche freno nei confronti dell’uso di un Chatbot. Il principale ostacolo, come era facile attendersi, è dato dalla “preferenza verso un interlocutore umano”. Più interessanti dal punto di vista della UX le altre motivazioni: “timore che possa compiere un errore”, “preferenza per l’uso di un normale sito web”, “timore che non sia in grado di dialogare in modo amichevole”. Inoltre, una parte ampia d’intervistati è convinta che questa tecnologia sia limitata al solo utilizzo di Facebook, indicazione che deve spingere le aziende a rendere accessibile il servizio su più touchpoint digitali (website, mobile app, social, etc.).
Conclusioni
I Chatbot (come gli assistenti virtuali che interagiscono via voce) potrebbero risolvere velocemente alcune delle richieste maggiori che i clienti rivolgono, in termini di assistenza, alle aziende:
- Disponibilità 24/h,
- Tempi di risposta immediati,
- Fornire risposte a domande semplici.
Ma per evolvere ulteriormente sarà necessario utilizzare al meglio tecnologie avanzate di AI e ML e curando molto bene la UX senza tentare di “simulare” un comportamento umano e rendendo esplicito all’utente che sta interagendo con un software.
Gli sviluppatori sono già a buon punto, a dimostrazione di ciò si può prendere ad esempio EVA, il Chatbot sviluppato da App2Check la piattaforma di CX analytics e Smart BOT, in grado di rispondere in modo tempestivo a qualsiasi tipo di domanda posta liberamente in modo naturale, contando su una Knowledge Base costruita in poco tempo a partire da documenti aziendali e facilmente aggiornabile grazie ad un approccio innovativo che supera i limiti e gli elevati effort richiesti dagli approcci tradizionali, basato sull’apprendimento automatico e su algoritmi semantici proprietari.
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